Piangere è una delle caratteristiche che contraddistingue gli uomini dagli altri animali: nessuno degli altri esseri viventi risponde infatti a stimoli emotivi con la lacrimazione che svolge, di base, esclusivamente una funzione lubrificante dei bulbi oculari. L’uomo invece, non appena nasce, piange. Piangono soprattutto neonati e bambini per attirare l’attenzione della madre o di chi li accudisce. Nelle prime settimane di vita il pianto è l’unico strumento comunicativo che posseggono per segnalare i loro bisogni e rispondere alle numerose situazioni nuove e sconosciute che affrontano. Crescendo di età la frequenza dei pianti diminuisce. I bambini più grandi piangono se qualcosa li spaventa, se si fanno male, quando sono rimproverati, o per persuadere i genitori ad esaudire i loro desideri o capricci; a volte, soprattutto la sera, i bambini sfogano lo stress e la tensione accumulata durante il giorno attraverso il pianto. Negli adulti il pianto diventa più raro ma le cause non sono molto differenti: dolore fisico o psicologico, stress, commozione… Ma qual è il motivo, anzi, il fine per cui si piange? Quale funzione svolge il pianto?
Come detto ad inizio articolo, il pianto contraddistingue gli uomini dagli altri animali e rappresenta un’importante tappa evolutiva. Attraverso il pianto si riesce a comunicare e condividere efficacemente un’emozione e/o un bisogno agli altri individui della nostra specie. La spiccata empatia, che dal pianto viene in particolar modo scatenata, è una caratteristica che distingue gli uomini dagli altri animali. E se si pensa al ruolo che la mimica facciale svolge nella comunicazione tra umani si può intuire facilmente quanto il pianto possa risultare uno strumento efficace.
Pare infine che le lacrime versate in risposta ad uno stimolo emotivo contengano, tra le altre sostanze, alcuni ormoni prodotti in risposta allo stress, come corticotropina e prolattina, e un’endorfina chiamata leu-encefalina che allieva il dolore e aiuta l’organismo a scaricare ansie e tensioni. Il pianto non rappresenta quindi esclusivamente una funziona comunicativa, ma anche una risposta “chimica” allo stato di tensione che si sta vivendo.