La lingua italiana è piena di espressioni che, pur essendo composte da parole senza apparente legame tra di esse, in realtà esprimono specifici concetti, e per questo sono conosciute da moltissime persone. Molto spesso però a sfuggirci è l’origine di questa attribuzione di significato, il perché quella frase voglia dire proprio quella cosa. Un esempio è dato dalla frase “piantare in asso”, utilizzata molto spesso da diverse persone e che significa, essenzialmente, “abbandonare qualcuno senza avvisarlo”. Da dove deriva questa frase?
Esistono due versioni riguardo l’origine di questa espressione. La prima delle due attribuisce la nascita di questa frase ai giochi di carte, nei quali l’asso corrisponde all’uno, alla carta in cui ciascun seme è rappresentato in maniera solitaria. Proprio dalla “solitudine” di ogni asso tra le carte deriverebbe questa espressione, che fa riferimento a qualcuno lasciato da solo da qualcun’altro.
L’altra versione è invece molto più “affascinante” poiché fa riferimento addirittura alla mitologia greca, e nello specifico al mito di Arianna, Teseo e del Minotauro. Il mito di Teseo che sconfigge il Minotauro, e che riesce a salvarsi dal labirinto grazie al filo di Arianna è piuttosto famosa e conosciuta. Meno nota è la parte finale della vicenda: dopo essere riuscito ad uccidere la bestia e a fuggire dal Labirinto, Teseo fuggì dall’isola di Creta, per tornare in patria ad Atene, portando con sè Arianna, che si era innamorata di lui. Lungo il tragitto, la nave si fermò sull’isola di Nasso per fare scorta d’acqua, passando lì la notte. Fu allora che intervenne la dea Atena: ella svegliò l’eroe e gli disse di lasciare lì Arianna per il dio Dioniso, poiché di quest’ultimo era l’isola.
Secondo un’altra versione del mito fu invece lo stesso Dioniso ad apparire a Teseo poco dopo la partenza da Creta, ordinandogli di lasciare Arianna sull’isola di Nasso poiché l’aveva scelta come sua moglie.
A prescindere da quale versione del mito si preferisca, in entrambi i casi Arianna viene abbandonata da Teseo sull’isola di Nasso, ritrovandosi da sola e divenendo in seguito la sposa del dio Dioniso. Proprio da questa vicenda deriverebbe la frase, che in originale era “piantare in Nasso”, riferito proprio ad Arianna lasciata da sola sull’isola. Da questa originaria forma, l’espressione si sarebbe poi contratta in una versione di più facile pronuncia, eliminando la “N” e diventando il più comune, ad oggi, “piantare in asso”.
si sarebbe ben presto trasformato in un piu comune “asso”: come Paolo Minucci osservava gia nelle sue di Lorenzo Lippi (I,108) ( 1688 ): «Da piu si dice “Rimanere in asso”; e cio segue per corruzione nella pronunzia, che tanto suona “Rimanere in asso”, che “rimanere in Nasso”, come si dovrebbe dire». Anche Luciano De Crescenzo richiama questa interpretazione nei suoi libri