Per quanto possa risultarci assurdo e raccapricciante che una madre possa uccidere e mangiare i propri piccoli, nel mondo animale questa si rivela come una pratica piuttosto diffusa. Ne abbiamo esperienza diretta più frequentemente con i gatti: non sono poche le storie di padroni sconvolti che tornando a casa trovano chiazze di sangue e contano uno o più piccoli in meno nella cucciolata della propria gatta. Perché farebbero questo?
Quando le madri di mammiferi partoriscono devono poi provvedere ad accudire i propri neonati. Se la cucciolata è troppo grande e non è in grado di nutrirli o allevarli tutti, la madre sceglierà di uccidere e mangiare i figli più piccoli e deboli, per reintegrare la grande quantità di energia e risorse spese durante il parto e la gravidanza, e poter offrire così agli altri neonati maggiori probabilità di sopravvivenza.
Nel caso in cui la mamma gatta si trovi in stato di debolezza, stress e ansia post parto può decidere di alcuni cibarsi di alcuni dei suoi cuccioli per recuperare le forze. I rischi sono quindi maggiori nei casi in cui la madre è malata o malnutrita. Una maggiore frequenza del fatto si osserva quando una madre è alla prima esperienza e quindi inesperta, o quando è anziana, per via di squilibri ormonali che le inducono a rifiutare i loro piccoli. Se un figlio, invece, dovesse morire per cause “naturali” verrebbe mangiato per gli stessi motivi.
Anche i padroni dei gatti o di altri animali domestici possono costituire un fattore di rischio. Spesso disturbano eccessivamente la madre e la prole, a volte interferiscono troppo e finiscono per cercare di spostare i cuccioli in un luogo diverso da quello scelto dalla madre (che l’aveva reputato il più sicuro) reputandoli più idonei. Nonostante agiscano con le migliori intenzioni, i padroni vengono però considerati una minaccia per i neonati, e queste interferenze recano alle madri così tanto stress da preferire, reputandolo più sicuro, uccidere i piccoli.
Anche il gatto maschio a volte può decidere di uccidere la prole per non dover competere con loro una volta cresciuti.
Ma sono solo i gatti a fare ciò?
Assolutamente no! Come detto prima è un fatto abbastanza diffuso nei mammiferi: felini, canidi, primati e roditori. Ma succede anche negli insetti, pesci, anfibi, rettili ed uccelli.