Ancor oggi usate, solitamente più come ornamento che per reale utilità, le candele sono state tra le principali fonte di illuminazione per secoli: pare che delle rudimentali candele fossero usate già nell’antica Roma, e furono soppiantate definitivamente solo dalle lampadine elettriche nel 19° secolo. Ma sapete cone funzionano?
Le candele sono costituite da uno stoppino fatto di fili di cotone intrecciati e un cilindro composto principalmente da paraffina, stearina, o cera d’api più delle sostanze additive. Una volta accesa la fiamma, lo stoppino caldo scioglie la cera intorno alla sua base; la cera liquida sale per capillarità nello stoppino, vaporizza per il calore della fiamma e, una volta allo stato gassoso, si combina con l’ossigeno dell’atmosfera alimentando la fiamma. A questo punto la reazione continua ciclicamente, consumando man mano la “cera” della candela, che quindi si accorcia.
Che fine fa dunque la cera? Be’, è bruciata, ossia ha reagito con l’ossigeno dando principalmente vapore acqueo e anidride carbonica. A seconda del tipo, della forma e dell’utilizzo della candela, una parte della cera può cadere alla base e restare incombusta. Lo sanno bene i catanesi, che devono fare i conti con la cera che rende le strade scivolose dopo la festa di Sant’Agata.
Bonus: la temperatura che può raggiungere la fiamma di una candela è di 1400 °C nel punto più caldo e di 500 °C nei punti più freddi! La parte più calda è quella alla base della fiamma, di colore blu, che ha a disposizione una maggiore quantità di ossigeno.