Da alcuni anni a questa parte, a causa dell’esplosione della crisi economica, termini e parole legati al mondo economico e bancario sono entrati di prepotenza nel dibattito pubblico e politico. Di questi termini, spesso particolarmente tecnici, è stata sovente data per scontata la conoscenza da parte di coloro che ascoltano. A volte inoltre, sono stati e tuttora vengono utilizzati in lingua inglese, in parte per sottolineare la loro “provenienza” dal contesto dell’Unione Europea e delle sue istituzioni. Un esempio lampante è quello del quantitative easing, che si può tradurre in italiano come facilitazione/alleggerimento quantitativo. Guardando TG o talk show politici, questo termine esce fuori spesso, ma per molti, probabilmente, è un mistero ciò che significa realmente. Cerchiamo dunque di fare chiarezza.
Il quantitative easing è uno strumento di politica monetaria in mano alle Banche Centrali, e in particolare alla Banca Centrale Europea (BCE). Detto con semplicità, la politica monetaria consiste nella “gestione” della moneta e della sua circolazione: tramite vari strumenti a loro disposizione, le Banche Centrali regolano il mercato della moneta, favorendone o meno la circolazione, e quindi il “costo” (in termini di interessi sui prestiti, ad esempio). Il quantitative easing è uno di questi strumenti, classificato come extra-ordinario: si tratta infatti di un meccanismo che viene adottato quando quelli ordinari non possono più essere utilizzati, come ad esempio ha fatto la BCE a partire dal 2015. Senza voler complicare troppo la questione, la misura consiste nell’immettere moneta nell’economia acquistando titoli finanziari, specie quelli deteriorati, ad alto rischio di insolvenza. L’obiettivo atteso è quello di aumentare la disponibilità di moneta per le banche, e di conseguenza rendere più facile l’accesso al credito e dunque agli investimenti, in modo tale da alimentare l’economia reale.
Per quanto riguarda la BCE ad esempio, il piano di quantitative easing è iniziato nel 2015 per cercare di rilanciare l’economia del continente, fortemente segnata dagli anni di crisi. Nello specifico, la Banca Centrale si è impegnata ad immettere, ogni mese, una grossa quantità di denaro nell’economia europea: la cifra è stata inizialmente stabilita in 60 miliardi al mese, per passare poi ad 80 miliardi. A partire da ottobre 2017, il piano, rinnovato ancora, ha ridotto la cifra a 30 miliardi al mese, in seguito ai segnali di ripresa dell’economia del continente.