Dunque, partiamo dall’inizio. I primi parabrezza erano fatti di normale vetro per finestre, ma ciò causava ferite molto serie anche in caso di incidenti di modesta entità. Dopo qualche decina d’anni, e di incidenti con gravi conseguenze, furono sviluppati parabrezza più resistenti: nel 1919, Henry Ford risolse il problema delle terribili scheggie di vetro usando la tecnologia di laminazione del vetro, che consiste nella sovrapposizione di due fogli di vetro, alternando questi “strati” con degli intercalari riempiti in materiale termoplastico. I parabrezza moderni contribuiscono in modo determinante all’integrità della vettura: sono cioè un dispositivo di sicurezza, al pari di cinture e airbag.
Ma parlavamo dei puntini, a cosa servono? Prima dei puntini, bisogna considerare la banda nera di vernice che corre lungo il perimetro del parabrezza. La sua funzione principale è quella di bloccare i raggi UV, affinché non deteriorino il sigillante uretanico, il quale non solo impedisce alla pioggia di entrare ma soprattutto tiene il vetro incollato nella sua posizione. Questo adesivo crea un legame molecolare tra il vetro e la carrozzeria; se l’adesione viene meno anche in una piccola porzione del vetro, viene compromessa l’efficacia dell’airbag e l’integrità del tetto dell’auto.

I parabrezza vengono plasmati dentro le fornaci, e quindi la fascia nera (detta in inglese “frit”) tende a riscaldarsi più rapidamente del resto del vetro, perché nera. Questo fatto potrebbe portare a delle distorsioni fastidiose nel risultato finale: per evitare ciò ecco che intervengono i puntini! Essi vengono aggiunti per aiutare a creare una distribuzione di temperatura meno netta, meno brusca, minimizzando queste possibili distorsioni in fase di realizzazione del prodotto.
Ma, direte, e i puntini dietro lo specchietto retrovisore? Be’, quelli… servono solo a farvi ombra mentre guardate nello specchietto! Non ve l’aspettavate così banale, eh?